giovedì 10 luglio 2008

Ritorno in Turchia: Istanbul (17/9/1976)



Improvviso un lampo illuminò il cielo accanto a Santa Sofia, seguito da un fragoroso tuono che interruppe i nostri discorsi; la pioggia sbatteva sui vetri sospinta dal vento. Mi accostai alla finestra per dare uno sguardo alla strada: “ minchia, sotto un albero siamo!”- dissi , non celando nei termini e nella costruzione le mie origini sicule, suscitando ilarità in Max e nei due grossetani. In effetti, sotto in strada, un grosso albero stava all’ingresso dell’Hotel e raggiungeva con le sue fronde i vetri della nostra finestra. L’acqua riempiva già la strada e scorreva da Sultanhamet verso la stazione ferroviaria provocando un fuggi fuggi generale dei numerosi venditori ambulanti coi loro carrettini pieni di gustosi cibi da strada. L’hotel era lercio; di notte degli animaletti rigonfi di sangue risalivano le pareti sopra il mio letto, mentre la mia pelle, e solo la mia, era ricoperta di lesioni papulose intensamente pruriginose. Anche noi del resto, non eravamo più lindi dell’hotel; il nostro ultimo bagno risaliva a Kaboul, 5000 Km fa come spazio e 7 giorni fa come tempo; il padrone ci promise l’acqua calda pregandoci di aspettare l’avvio della caldaia. Aspettammo 3 giorni senza risultato ed il treno per Atene era già in partenza rimandando il sospirato bagno a tempi e luoghi più comodi.
I giorni passarono senza sforzo con la velocità di tutti i giorni in ogni posto della terra. L’atteggiamento era più spavaldo rispetto a 2 mesi fa; avevamo 15000 Km nelle gambe, esperienze non sempre idilliache e qualche volta avevamo dovuto toglierci d’impiccio fidandoci delle nostre deboli forze e del nostro naturale istinto. Trattai con tranquillità e spavalderia delle banconote al mercato nero, chiedendo più di quello che il mercato nero potesse offrire. Scambiai il mio sacco a pelo di piume, a mummia, hand made, con quello sintetico della ragazza grossetana, certamente di minor valore commerciale ma senz’altro più leggero. La copertina di una rivista ci informava che il padre della rivoluzione cinese, Mao; era morto già da circa 10 gg. e un Boeing 727 si schiantava contro una montagna della Turchia facendo 155 vittime delle quali 85 italiani; ma noi non lo sapevamo e nemmeno mio padre sapeva che noi non eravamo tra quelli; Si metterà il cuore in pace 10 gg dopo, al nostro rientro, ignari di tante cose!
Tornai in quel lercio hotel venti anni dopo con mia moglie; non era più lo stesso essendo stato completamente ristrutturato; non più enormi stanzoni con pareti grigio marrone e fioca luce, locale per bagno con enorme stufa scalda acqua, ma stanze di fresca bianca pittura con bagno , sempre sotto il grande albero di venti anni prima.
Fui contento di ritrovarlo così cambiato; il proprietario ci accolse gentilmente trovandoci un parcheggio in una strada adiacente vicino ad un altro piccolo albergo gestito dal fratello. Furono tre giorni da favola con una grande voglia di scoperta da parte di Donatella, vera trascinatrice all’estero quanto conservatrice e abitudinaria in patria.

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