venerdì 3 settembre 2010

Presentazione Katania Kaboul

Il 9/9/2010 presso la balconata della Direzione Sanitaria dell'Ospedale G. Massaja, Asti, ci sarà la prima presentazione del libro. Roberto Gonella de "La Stampa" intervista l'autore.
Grazie al conduttore Cico per l'intervista radiofonica a "Primaradio" e all'articolo su "La Stampa" il libro va a ruba!
Il libro è già disponibile nelle migliori librerie di Asti.

venerdì 6 agosto 2010

Adesso è disponibile su carta. Chi fosse interessato all'acquisto può richiederlo alla mail: casanca@libero.it al prezzo di copertina + 2 euro per spese postali (le modalità di pagamento saranno indicate nella mail di risposta)



Katania Kaboul
Cronaca semiseria di un viaggio
sull’hippye’s trail negli anni 70

“Avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita.”
Jack Kerouac

I due protagonisti, universitari ventiduenni alla loro prima
esperienza di viaggio, decidono di partire, per quello che poi sapranno essere l’hyppie trail, sull’onda del moda del tempo e sull’ influenza che la lettura di On the road di Jack Kerouac ebbe su di loro e sulla cultura del periodo.
La storia, un po’ romanzata, si svolge tra agosto e settembre del 1976 dalla Sicilia al Pakistan e ritorno, con delle permanenze più lunghe in Afghanistan, Kaboul, Bamyan, Bandyamir in particolare.
I nostri protagonisti si imbattono in situazioni a volte esilaranti, a volte pericolose, da cui ne escono rafforzati sia nello spirito che nel corpo portandosi dietro i ricordi vivi e sfumati assieme,
di un mondo, di un percorso, che non esiste più, ma che continua ad esistere nel ricordo di chi, a vario titolo, contribuì a farne un mito.

Angelo Casabianca è nato a Catania nel 1954. Medico infettivologo,
vive e lavora in Asti dal 1982. Autore di numerosi articoli scientifici, è
alla sua prima esperienza letteraria con soggetto non scientifico.


Autore: Angelo Casabianca

Euro 10

ISBN: 987-88-89277-34 -8









sabato 26 giugno 2010

La versione stampata con integrazioni dal titolo Katania Kaboul è in tipografia e sarà disponibile entro la fine del mese di luglio. Spero!

mercoledì 30 luglio 2008




Rientro nei ranghi

Ci portammo dietro il sudore, la polvere e ogni bendidio da Kaboul! Erano passati 10 giorni e nemmeno un’opportunità di una doccia, un bagno! Le motivazioni erano contingenti ma tant’è…! La zia di Max ci accolse calorosamente e ci offrì un abbondante pasto ma prima chiedemmo un bagno; io superai brillantemente la prova; Max, vuoi perché successivo, vuoi perché più ricco di bendidio, intasò la vasca! Ci informarono delle pene dei nostri genitori che alleviammo con una tanto sospirata telefonata. Un treno ci riportò a Catania: il viaggio era finito e cominciava il tran tran!
Duro , ma non troppo, fu il rientro nei ranghi, quasi osannati come eroi dai nostri amici e conoscenti: “hei, guarda quelli lì, sono stati in Afghanistan!”
Il fascino dell’oriente , del viaggio, inteso come viaggio della mente, ci aveva condotto lungo la rotta hippy, vivendo esperienze di vita cruda senza raggiungere i luoghi del misticismo e della meditazione e senza perdere di vista la vita reale.
A proposito, c’eravamo scordati del nostro amico Giovanni!
L’anno successivo, passando da Roma, mi ricordai dell’invito e mi sembrava bello incontrare il mio amico; tirai fuori il numero di telefono e chiamai. Mi rispose, un po’ meravigliata la madre che, evidentemente emozionata, chiamò la sorella; mi disse che Giovanni non era in casa; non mentiva; ma subito dopo mi chiese chi fossi , dove e quando avevo incontrato Giovanni; Non era ancora tornato e chissà se poi l’ha fatto in seguito! La confortai dicendo che stava in buona salute, ma era passato più di un anno, salutai e riattaccai! Vivemmo i tragici fatti del ’77, anche se marginalmente, e devo ringraziare mio padre che mi vietò per la prima volta, a ragione, di partecipare alla manifestazione di Roma in cui venne uccisa Giorgiana Masi.
Completai gli studi laureandomi in Medicina a pieni voti presso l’Università di Catania nel 1980; Max in Ingegneria credo anche a pieni voti (ho già detto che era un genietto!)
Io emigrai in Piemonte e lui prima in Liguria, un breve periodo in England e poi Milano.
Vuoi la conoscenza di luoghi del mondo diversi dal nostro, vuoi la mia formazione cattolica e la voglia di un impegno politico diverso dal solito, mi portarono a esplorare e condividere impegni di cooperazione internazionale in campo sanitario, in Asia, Africa e SudAmerica da un punto di vista prettamente laico.
Nel corso degli anni ho avuto modo di completare i luoghi dell’hippy trail, raggiungendo Katmandu, stavolta in aereo e con ben altre finalità!
Qualche anno dopo, nel 1979, proseguimmo la condivisione del viaggio, stavolta esitato in un lavoro in Germania; esitato perché non programmato.
Eravamo andati a trovare il nostro amico Salvo che, dopo gli studi liceali era partito, emigrato, in Germania e lavorava in una delle tre birrerie di Stuttgart, la Hofbrau; le altre erano la Swabenbrau e la Dinkelaker… ma questa è un’altra storia!


Ringrazio chi è giunto alla fine di questo blog anomalo, chi ha condiviso questi ricordi, di scarsa importanza se vuoi, ma intimamente miei!

lunedì 21 luglio 2008

Ritorno in Grecia



Partimmo per Atene con un biglietto BIGE il 22/9/1976; Il treno si fermava in ogni stazione, anche senza un apparente abitato. Al confine con la Grecia, dopo un’attesa che si protraeva oltre il lecito, ci accorgemmo che il nostro vagone, e solo il nostro, era su un binario morto! Si era un po’ incazzati quando giunse la notizia che il nostro treno era arrivato in ritardo e che, previa integrazione del prezzo del biglietto, avremmo proseguito con un altro superveloce. Seguirono proteste; qualcuno integrò, la maggioranza, noi compresi, no! L’addetto alla biglietteria, incazzato a sua volta, chiuse violentemente lo sportello mandandoci probabilmente a quel paese, ricambiato del resto! Nell’attesa cercammo di fare un giro nei paraggi, subito bloccati dai militari per la tensione che c’era tra Grecia e Turchia.
La stessa tensione che si creò con il bigliettaio greco che, sul treno,pretendeva l‘integrazione del biglietto. Escogitammo molti sistemi per eludere il pagamento; la prima scusa era che non avevamo i soldi: in effetti ne avevamo pochi e non volevamo restare a secco! Il controllore sembrava avesse creduto alle nostre affermazioni finchè ci trovò al vagone ristorante che sgranocchiavamo chissà cosa! Tornò alla carica e qui cominciammo a ciurlare nel manico facendo i finti tonti, dicendo di non capire e che parlavamo inglese! Andò via e credevamo di averla fatta franca; tornò con un tizio che parlava inglese e noi a dire che parlavamo francese! Andò via ancora una volta; Già s’intravvedeva Atene e cantavamo vittoria quando tornò con un poliziotto e ci ritirò i passaporti invitandoci a ritirarli in stazione dopo aver saldato il conto! Dopo una breve consultazione in cui valutammo i pro e i contro, capitolammo e ritirammo i passaporti!
Ad Atene ci imbarcammo su un taxi collettivo, un Mercedes, che ci assicurò l’arrivo a Patrasso per le 19; almeno così pensavamo noi! In realtà procedeva con un andatura turistica, 60-70 km/h fino a Corinto, erano le 17 e mancavano circa 140 km! Non saremmo arrivati in tempo! Chiesi ulteriormente come pensava di arrivare in tempo; stavolta capì che noi si intendeva le 7 di questa sera mentre lui intendeva le 7 dell’indomani! Improvvisamente affondò il piede sull’acceleratore e l'auto decollò. Arrivammo al porto in orario e, dopo una corsa di circa 400 metri, con i nostri pesanti zaini, raggiungemmo la nave, mostrando i biglietti; con nostro grande disappunto ci rinviarono alla partenza perché avremmo dovuto far apporre un timbro in biglietteria. Altri 400 metri indietro, timbro e poi altri 400 metri e la grande bocca del traghetto si chiuse dietro le nostre spalle! Ce l’avevamo fatta ancora una volta! Era il 24/9/1976.

giovedì 10 luglio 2008

Ritorno in Turchia: Istanbul (17/9/1976)



Improvviso un lampo illuminò il cielo accanto a Santa Sofia, seguito da un fragoroso tuono che interruppe i nostri discorsi; la pioggia sbatteva sui vetri sospinta dal vento. Mi accostai alla finestra per dare uno sguardo alla strada: “ minchia, sotto un albero siamo!”- dissi , non celando nei termini e nella costruzione le mie origini sicule, suscitando ilarità in Max e nei due grossetani. In effetti, sotto in strada, un grosso albero stava all’ingresso dell’Hotel e raggiungeva con le sue fronde i vetri della nostra finestra. L’acqua riempiva già la strada e scorreva da Sultanhamet verso la stazione ferroviaria provocando un fuggi fuggi generale dei numerosi venditori ambulanti coi loro carrettini pieni di gustosi cibi da strada. L’hotel era lercio; di notte degli animaletti rigonfi di sangue risalivano le pareti sopra il mio letto, mentre la mia pelle, e solo la mia, era ricoperta di lesioni papulose intensamente pruriginose. Anche noi del resto, non eravamo più lindi dell’hotel; il nostro ultimo bagno risaliva a Kaboul, 5000 Km fa come spazio e 7 giorni fa come tempo; il padrone ci promise l’acqua calda pregandoci di aspettare l’avvio della caldaia. Aspettammo 3 giorni senza risultato ed il treno per Atene era già in partenza rimandando il sospirato bagno a tempi e luoghi più comodi.
I giorni passarono senza sforzo con la velocità di tutti i giorni in ogni posto della terra. L’atteggiamento era più spavaldo rispetto a 2 mesi fa; avevamo 15000 Km nelle gambe, esperienze non sempre idilliache e qualche volta avevamo dovuto toglierci d’impiccio fidandoci delle nostre deboli forze e del nostro naturale istinto. Trattai con tranquillità e spavalderia delle banconote al mercato nero, chiedendo più di quello che il mercato nero potesse offrire. Scambiai il mio sacco a pelo di piume, a mummia, hand made, con quello sintetico della ragazza grossetana, certamente di minor valore commerciale ma senz’altro più leggero. La copertina di una rivista ci informava che il padre della rivoluzione cinese, Mao; era morto già da circa 10 gg. e un Boeing 727 si schiantava contro una montagna della Turchia facendo 155 vittime delle quali 85 italiani; ma noi non lo sapevamo e nemmeno mio padre sapeva che noi non eravamo tra quelli; Si metterà il cuore in pace 10 gg dopo, al nostro rientro, ignari di tante cose!
Tornai in quel lercio hotel venti anni dopo con mia moglie; non era più lo stesso essendo stato completamente ristrutturato; non più enormi stanzoni con pareti grigio marrone e fioca luce, locale per bagno con enorme stufa scalda acqua, ma stanze di fresca bianca pittura con bagno , sempre sotto il grande albero di venti anni prima.
Fui contento di ritrovarlo così cambiato; il proprietario ci accolse gentilmente trovandoci un parcheggio in una strada adiacente vicino ad un altro piccolo albergo gestito dal fratello. Furono tre giorni da favola con una grande voglia di scoperta da parte di Donatella, vera trascinatrice all’estero quanto conservatrice e abitudinaria in patria.

venerdì 4 luglio 2008

Kaboul-Istanbul non stop 3^



Il viaggio scorreva lento ma continuo tra le strade polverose con soste per i pasti, le angurie dolcissime e dissetanti, i bisogni fisiologici, il fumo, il riposo notturno attorcigliati tra i sedili; non sopportavo molto questa posizione per cui, appena si faceva sera, in 5-6 persone ci sistemavamo sdraiati nel corridoio del bus, riuscendo a dormire profondamente; Durante la notte, io non mi accorsi di nulla perché dormivo profondamente, Max ed altri entrarono in una moschea dove un guardiano, con un robusto bastone, vigilava affinché gli infedeli non profanassero la sacralità del luogo; Max riuscì ad eludere la sorveglianza non destando, per l’aspetto che aveva acquisito, alcun dubbio sulla sua origine; Una bionda viaggiatrice pomiciò tutta la notte con il giovane bigliettaio turco, litigando irrimediabilmente con il suo compagno; Un’altra coppia venne abbandonata durante una sosta e ripresa alla fermata successiva, dopo qualche centinaio di chilometri d’inseguimento con una macchina di fortuna.
Alla fermata di Teheran, l’aria che si respirava con la gente non era tranquilla, per cui, dopo breve consultazione , ci trovammo d’accordo di proseguire la seconda parte del viaggio fino a Istanbul; pagammo i 25 dollari necessari per la tratta e proseguimmo la nostra folle corsa.
In prossimità di Istanbul l’intestino ricominciò a reclamare una non rinviabile evacuazione. Era sera e, dopo una rapida contrattazione con l’autista, il bus accostò in un posto che a me sembrava un parco; cercai un riparo dietro un cespuglio ben rasato e svuotai il contenuto retto-colico senza ritegno; con mia grande sorpresa, tutti i viaggiatori scesero dal pulmann, poi anche i loro bagagli…: era Sultanhamet, stazione di arrivo, di fronte al Pudding shop! Dopo un iniziale, ma neanche tanto, disagio, zaino in spalla, ci avviammo al nostro hotel.