martedì 6 maggio 2008

I protagonisti del viaggio

Foto: la mitica 5^B

Io e Max avevamo concluso il 2° anno rispettivamente della Facoltà di Medicina e di Ingegneria.
Passai la mia infanzia, dai quattro ai dodici anni, con la nonna materna; completati gli studi in seminario, viveva con noi lo zio prete .
E’ stata una infanzia caratterizzata da una educazione che adesso giudico repressiva, sia in casa che a scuola; in casa volavano ogni tanto ceffoni, a mio parere non giustificati e a scuola, una istituzione salesiana a Randazzo, vivevo di punizioni; in realtà osservavo le tremende punizioni dei miei compagni, (io ero sempre ligio al dovere e alle disposizioni,) rei di parlottare in sala studio o di rientri in collegio con lievi ritardi. Qualcuno adesso fa il medico e qualcuno il critico d’arte di fama internazionale! Le punizioni spaziavano da ripetuti sonori ceffoni a due o tre dita (don Messina), per gli interni, a ripetute scampanellate sul cranio (don Cutrufelli), per gli esterni, a permanenze in ginocchio nell’ora di pranzo o di ricreazione, per entrambi! Altri metodi educativi! Qualcuno (Sergio) ricambiava con lanci del calamaio, c’erano ancora i calamai ed i pennini, all’indirizzo dei superiori! Ricordo anche, per altri meriti, il signor Reina, laico, a cui è legato il ricordo della prima gita a M. Spagnolo, che poi diventerà la meta preferita delle mie escursioni in montagna; ricordo anche la perdita della grossa anguria affondata nella cisterna attigua alla casermetta , dopo essersi slegata dall’improbabile cappio a cui il signor Reina l’aveva assicurata! Ancora don Zocco magrissimo insegnante di italiano, latino, storia, geografia e applicazioni tecniche con zigomi sporgenti da far paura , da sindrome lipodistrofica in tempi non sospetti!
Sono tornato recentemente (nel 1998!) a monte Spagnolo con Pippo, la sicura guida, e i ragazzi, in un giro che tutti ricordano ancora con piacere; gli alberi, che erano stati messi a dimora trent’anni prima erano diventati un enorme bosco di conifere che si intrecciava con la faggeta secolare, in una tavolozza virtuale, ricca di infinite sfumature !
Vivevo a Randazzo un bellissimo borgo medievale, a nord dell’Etna, che allora contava ben 15.000 abitanti, bagnato dal fiume Alcantara, che nato sui Nebrodi, si tuffava dopo cinquanta chilometri, nel mare Jonio, dopo aver superato delle spettacolari gole basaltiche .

Io non ero conosciuto come Angelo ma come il nipote di padre Ignazio e tutt’ora, nelle rare visite, vengo ancora presentato come: “il nipote di padre Ignazio, diciamo” anche se padre Ignazio non era più prete e adesso che scrivo, non è più tra noi.
L’abbigliamento era tipico ed oscillava da abiti usati acquistati “a fera ‘o luni” a poche centinaia di lire a jeans attillatissimi , il cui modello di riferimento era Paolo. In realtà , pur usandoli, preferivo quelli più ampi e comodi magari con tante cerniere. Anche le camicie erano o attillate o enormi, a volte militari; i capelli e la barba lunghi , con taglio fai-da-te semestrale con occhiali rotondi obbligatori. Mi piaceva quel look e occasionalmente usavo un orecchino a clip, senza buco, alla Corto Maltese nascosto tra i capelli.
Gli studi procedevano bene e avevo superato gli esami del II anno e iniziato il III. La strategia di studio mi portava a studiare tutto l’anno, dalle 7 alle 21, dare esami fino ai primi di luglio e poi pausa di riflessione o di lavoro fino all’autunno. Applicai questa tattica fino alla fine del corso di studi e devo dire con buoni risultati; non mi sono annoiato e non sono scoppiato!
Donne, poche! Eravamo tutti innamorati di Irina ed io anche di Lorena che reputavo, a torto, irrangiungibile! Il giudizio si deve dare alla fine della vita e forse anche dopo!
Massimo era quel che si dice un genietto, con brillanti risultati negli studi e atteggiamenti da saputello in molte circostanze; buon conoscitore della musica rock e momenti di abbandono totale a mitiche ubriacature di cui scontavo le conseguenze con sonori rimproveri da parte di sua madre che, anziché sgridare lui, se la prendeva con me che ero savio e già da allora “crocerossino”, e poi, si sa, non è mai colpa dei figli ma delle cattive amicizie! Con in testa poche idee ma confuse sull’oriente, sui figli dei fiori, sul “viaggio”, trent’anni dopo Jean-Louis Lebris de Kerouac, meglio noto come Jack Kerouac ci mettemmo sulla strada!

1 commento:

ContrastoSimultaneo ha detto...

un bacio grande, ben tornato!